Sos dell’industria del gioco legale: sono a rischio 300mila occupati
Vede questa macchinetta per giocare a golf? È progettata e costruita da noi a “km zero”, tutta made in Italy grazie alla filiera locale di fornitori che lavorano lamiera, plexiglas, elettronica. Ci stanno arrivando ordini da tutto il mondo, dagli sceicchi di Dubai al Cirque du Soleil a Montreal. In vista della Ryder Cup 2022 (la più prestigiosa competizione internazionale di golf che si svolgerà a Roma tra 4 anni, ndr) la domanda sta esplodendo. Eppure noi produttori di apparecchi da intrattenimento rischiamo di scomparire, perché il sistema normativo e fiscale italiano ci sta massacrando». Alessandro Brunitto è titolare dalla Mondogiochi, piccola azienda di Marcianise ( Caserta), che da due generazioni produce macchine per intrattenimento come gru per pescare peluche, distributori automatici di giocattoli, calcio balilla e il nuovo “Putt master”, un campo da golf in miniatura che sta spopolando, come ha confermato la calca nello stand a Rimini, per la Enada, il Salone internazionale della filiera del gioco che ha appena chiuso la 30esima edizione.
Una filiera in ginocchio, quella del gioco legale controllato dai Monopoli di Stato tra apparecchi, slot machine, videolottery, scommesse, bingo, che al di là delle cifre stratosferiche di giocate e scommesse (100 miliardi di euro nel 2017, di cui l’80% rientrato nelle tasche degli italiani come vincite, con una spesa netta di 20 miliardi) dà lavoro lecitamente nel Paese a un centinaio di costruttori di giochi, a 5mila gestori, a 110mila punti vendita e, soprattutto, a 300mila occupati. E contribuisce non solo a oltre l’1% del Pil nazionale ma a far entrare ogni anno nelle casse erariali più di 10 miliardi di euro di tasse. Tutto da buttare via per contrastare il Gap, il Gioco d’azzardo patologico, accettando che il Governo, per anni complice del sistema al fine di garantirsi entrare facili, imponga soluzioni draconiane e prelievi forzosi una tantum (mezzo miliardo con la legge di Stabilità 2015) e lasciando che Comuni e Regioni si muovano in ordine sparso creando una giungla normativa.
«Siamo un settore trattato non equamente, eppure siamo la parte legale, regolata e trasparente del mondo del gioco, quella più monitorata. Il proibizionismo e la pressione fiscale stanno spostando la spesa degli italiani verso l’online e verso il sommerso, fuori controllo», sottolinea Raffaele Curcio, presidente Sapar, l’associazione nazionale Servizi apparecchi pubbliche attrazioni ricreative, che rappresenta 1.500 aziende e organizza Enada, la più importante fiera di settore del Sud Europa. Sapar ha condiviso con il Governo la necessità di ridimensionare la rete del gioco nel Paese, con l’obiettivo di ridurre del 30% le slot installate (le Awp, le macchinette in cui si gioca un euro alla volta in bar e tabacchi), «ma passare da 407mila Awp a 265mila in due anni è un tempo troppo breve per permettere una razionalizzazione ordinata, ammortizzare gli investimenti già fatti e salvaguardare le attività industriali e i posti di lavoro – fa notare Curcio –. Così come è illogico colpire solo gli apparecchi fisici e non l’altra metà del gioco legale fatta di scommesse come il gratta&vinci e l’online».
Gli italiani spendono in gioco d’azzardo più del doppio di francesi, spagnoli, tedeschi. Ma mentre si taglia la rete fisica dei giochi (tra slot , videolottery, sale bingo) quella più visibile e monitorata dai Monopoli, cresce del 22% il mercato online, dove non ci sono distanze di sicurezza da luoghi sensibili come le scuole e orari di apertura, e cresce l’illegalità. «Limitare il gioco legale, le macchinette e le sale giochi non significa (purtroppo) limitare il gioco patologico», aggiunge il presidente Sapar, facendo presente la realtà ambigua fotografata dall’ultima analisi della Commissione antimafia sui dati del gioco d’azzardo legale: la spesa media in Italia è di 200 euro a persona. Come si spiega che questo dato sia ben oltre i 300 euro nelle province del Nord come Rovigo o Sondrio e sotto gli 80 euro a Enna o Crotone?
Bisogna dunque riuscire a contemperare la tutela della salute (in particolare quella dei giovani, visto che il 47% dei giocatori è under 20) con gli interessi legittimi di chi fa impresa attraverso il gioco e ha bisogno di un quadro regolatorio stabile e chiaro e la necessità per l’Erario di garantirsi entrate fiscali certe ma eque. Politiche come quelle della Regione Piemonte, che con la Lr 9/2016 ha espulso dal territorio il 94% del gioco a monete, causando un ammanco di 15 milioni di euro al mese per il Fisco, rischia di avere un impatto non indifferente sulle tasche della collettività se esteso in tutto il Paese.
«Difficile immaginare uno scenario positivo per il settore del gioco – commenta Lorenzo Cagnoni, presidente di Ieg-Italia Exhibition Group che con Sapar organizza Enada – ma resta un mercato di riferimento con una importante valenza economica e noi che curiamo la parte fieristica non ci faremo da parte di fronte a politiche che hanno un sapore intimidatorio. Continueremo a investire con rigore per valorizzare il gioco responsabile e la filiera produttiva, puntando ad aggregare anche le parti marginali e complementari di questo mondo create dalle nuove tecnologie. Chiediamo inoltre al Governo di dedicare a questo settore industriale l’attenzione che merita e di sbloccare in fretta i provvedimenti che ne causano l’impasse. Per parte nostra, punteremo sempre di più al divertimento non remunerato, facendo crescere il nuovo appuntamento che ha debuttato quest’anno all’interno di Enada, Rimini Amusement Show, la nuova sezione dedicata all’universo dei giochi senza vincite in denaro».
E a sperare in un’apertura del Governo verso le macchinette da gioco per puro intrattenimento sono gli stessi costruttori di apparecchi (un centinaio di aziende e almeno 2mila addetti che raddoppiano con l’indotto diretto), stanchi di essere trattati come complici di un mondo dell’azzardo “brutto e cattivo”. «Costruiamo macchinette da gioco da quattro generazioni – spiega Claudio Dalla Pria, ad dell’omonima azienda padovana di Pieve di Sacco – e siamo abituati a leggi incredibili come quella che nel 1958 ha proibito i flipper perché considerati pericolosi, salvo poi reintrodurli dopo sette anni. E ci siamo abituati a reinventarci, studiando ogni volta apparecchi. Ma ora programmare l’attività è diventato impossibile. Togliere dal mercato oltre un terzo delle Awp, dove si gioca al massimo una monetina da un’euro, per arginare le ludopatie, lasciando intatto tutto il resto del mercato, è un non-sense. Noi ora siamo costretti a licenziare una decina di persone nel ramo gambling (su 90 dipendenti del gruppo)». Per far decollare il mercato degli apparecchi di puro intrattenimento è necessario però allineare le norme italiane a quelle internazionali. «Invece – spiega Dalla Pria – in Italia non solo si paga una gabella fissa annua di 324 euro in media per ogni gioco per bambini installato, ma abbiamo un sistema di omologazione con l’obbligo (unico Paese al mondo) del codice –sorgente, ossia di un libretto con la ricetta di ogni componente della macchina, che ci preclude tutto il mercato dell’usato. Su 100 macchine da gioco nel mondo solo dieci arrivano in Italia. Eppure nei vari Paesi in cui lavoriamo abbiamo verificato di persona che dove aumenta il gioco di puro intrattenimento diminuisce il gioco d’azzardo e viceversa».
Fonte: Il Sole 24 Ore